domenica 28 novembre 2010

Una conversazione con Ettore Sottsass



R. “Vorrei sapere perché” …è un titolo tuo…?
S. Mi sembra di sì. Io ho sempre una posizione di dubbio di non certezza di fronte alle cose. Un bel giorno hai deciso di fare l’architetto ma il perché vero di queste decisioni non si trova e forse non serve neanche trovarlo e allora mi chiedo: perché vogliamo sapere perché? Cosa vuoi sapere?
R. Non ho delle domande ho una lista di parole; io te le dico e tu mi dici cosa ti viene in mente.
S ho capito…è come se l’intervista me la facessi da solo. Dimmi la prima.

OMBRA: La parola ombra mi piace molto perché ombra vuole dire in certo senso mistero, incertezza. Certo l’ombra non è l’oscurità. Ma nell’ombra succedono cose misteriose ed è l’ombra che ci dà la dimensione dello spazio(...) Se non disegno l’ombra non c’è la terza dimensione. Poi ci sono superfici, monumenti, architetture, che sono fatti di ombre, tu puoi vederli guardando le ombre.

                                      

RELIGIONE: Non sono mai stato religioso. Non mi piace la religione, mi piace la sacralità. Non mi piace la religione quando diventa istituzione, istituto religioso, sistema di potere (...) Preferisco la parola religiosità perché riguarda un atteggiamento, una disposizione, un fatto individuale, libero, perché anche un bicchiere di caffèlatte alla mattina può diventare un momento di concentrazione, di ringraziamento, di gioia: può diventare un momento religioso. Io lo chiamo sacro.

CULTURE: Sono curioso delle altre culture. Per questo ho viaggiato molto, ho letto molto, ho guardato molto. Ho anche fotografato molto: per sapere, per conoscere cosa c’è al di là del muro del mio giardino. Conoscere allarga, apre la tua visione. Oggi c’è paura verso le altre culture, perché diventano blocchi di pensiero, blocchi sociali che ti portano via spazio. Le cose diventano pericolose quando queste architetture di pensiero diventano istituzioni, si organizzano per difendersi o per prevalere. E’ pericoloso perché quando c’è una istituzione, c’è un capo, che si organizza con altri capi. A me non piacciono i capi, i capi in assoluto sono molto pericolosi. Però ho molto rispetto per i capi gentili, per i capi pazienti, per i capi che hanno paura di essere capi.

                                     

SCRITTURA: Naturalmente si pensa che la scrittura abbia a che fare con la parola, ma per me la scrittura è soprattutto una immagine. Le lettere sono figure. Io cerco di scrivere in modo che la scrittura sia come un pezzo d’arte, che l’immagine della scrittura comunichi già un modo di pensare. Poi sono interessato a scrivere, a raccontare le cose che mi sono successe. Mi piace raccontarle con una scrittura quasi da strada. Detesto la scrittura letteraria ricercata. Per esempio non uso mai il passato remoto, perchè ti fa entrare in una zona letteraria distante, di nuovo istituzionale, posata…non so come dire.

AVANGUARDIA: E’ una parola di quelle bestiali. Ce l’ho un po’ con la parola “avanguardia” A me non interessa niente l’avanguardia quando si definisce tale. Non mi interessa che qualcuno pensi di essere avanti. Quando facevamo Memphis, ci chiedevano quale rivoluzione volessimo fare. Ci trattavano da avanguardisti appunto. Ma tu sai bene che non eravamo avanguardisti. Eravamo dei disgraziati che pensavano di vedere che cosa succede a progettare con cose nuove, con materie nuove, a provare a non fare del design elegante. Ci piaceva la parola provare perché è possibilista. (…) C’era curiosità. La curiosità è innovativa.

                         

DESIGN: Cosa mi importa del bel design di un frigorifero, del frigorifero mi importa il freddo che fa. La commedia che fanno in questi tempi sul design a me sembra molto acida, perché giustificano altre cose con questa idea che il design appartiene all’estetica e storie di questo genere. Ci sono stati momenti, rari, nei quali il design zitto zitto sentiva questa responsabilità verso il pubblico, verso la società. Roberto Olivetti sentiva questa responsabilità. Sentiva che l’industria aveva questa responsabilità morale e lavorava con ingegneri, urbanisti, architetti e designer, perché pensava che l’industria potesse fare qualcosa di più che produrre. Pensava che fosse importante avere immaginazione.

ASSOLUTO: Non puoi parlare dell’ assoluto, come non puoi parlare della verità. Come non puoi parlare della eternità. Ci sono parole che riferiscono di qualcosa che non c’è, che non può essere descritto. Non c’è l’Assoluto perchè se ci fosse diventerebbe subito relativo come tutto quello che vediamo e viviamo. Io ho trovato una soluzione per queste parole, in particolare per l’Estetica. Sai quando dici: “Questo è bello, questo è brutto” eccetera. L’estetica è una convenzione tra gruppi umani, nazioni, tribù, gallerie d’arte, nella quale si decide che quella cosa lì ha un valore, appunto convenzionale. L’importante è mettersi d’accordo. La verità è un’altra cosa

dall’ intervista di Franco Raggi “Vorrei sapere perchè. Pensieri di Ettore Sottsass raccolti su una terrazza a Filicudi, 29 agosto 2007″ (catalogo Electa)

                                     

Fonte: http://www.electaweb.com/mostre/focus-on/vorrei-sapere-perche/it

Nessun commento:

Posta un commento