sabato 11 dicembre 2010

Le copertine di Andy Warhol: la musica diventa arte visiva


 
La storia del rock è disseminata di album capolavoro diventati pietre miliari della musica non solo per la qualità della musica ma per l’alto livello delle copertine. Provocatorie, scioccanti, perverse, artistiche… la cover di un album, specialmente ai tempi degli Lp, erano il biglietto da visita di un artista. 
Piccole opere d’arte pensate ad hoc come fossero dei veri e propri quadri. E allora ecco che alcuni grandi artisti (pittori e fotografi) della scena pop contemporanea hanno ceduto alle lusinghe del rock disegnando alcuni capolavori diventati celebri quanto le note stesse.

Andy Warhol, il profeta della pop art, ne ha disegnate più di sessanta tra cui spiccano senza dubbio “The Velvet Underground & Nico”con le istruzioni a lato della banana con scritto ‘peel slowly and see’. Warhol è autore anche della cover del secondo album della band di Lou Reed: "White Light/White Heat".



Warhol collaborò anche con i Rolling Stones, realizzando prima la tanto famosa quanto provocatoria cover dell'album "Sticky Fingers", che presenta in primo piano un paio di jeans sdruciti all'altezza dei genitali, la cui zip (almeno nelle prime versioni del vinile) era vera e quindi apribile, e successivamente la cover per l'album "Love you live" del 1977.






Ecco altre famose copertine firmate da Andy Warhol:


John Lennon, "Menlove Ave"


 
Querelle, "Original Soundtrack"

Diana Ross, "Silk Electric"

Aretha Franklin "Aretha"


John Wallowitch, "This is John Wallowitch!"



Paul Anka, "The Painter"



Billie Squier, "Emotions in motion"


John Cale, "The Academy in Peril"





mercoledì 8 dicembre 2010

I comò con le curve di Stanislav Katz





Niente a che vedere con quelli austeri delle nonne che soggiornavano negli ingressi o nei saloni, sormontati da cornici e centrini. Se negli ultimi anni il comò è stato ignorato da tendenze e designer ed ha goduto dell’interesse solo degli antiquari, eccolo pronto ritornare con un nuovo appeal e a rivendicare un ruolo in primo piano.




Tra i modelli più interessanti spiccano sicuramente quelli di Stanislav Katz, designer lettone che ha tradotto la sua passione per le linee curve e i profili bombati in due comò oversize, dai colori decisi e un pizzico d’ironia. Il primo nasce dall’unione ideale di tre anfore; il secondo gioca con le simmetrie e sembra collassare a terra per via dell’eccessivo contenuto.  Entrambi caratterizzati da una miriade di cassetti che strizzano l’occhio alla civetteria femminile, sono vere e proprie sculture realizzate a mano.



Altri articoli di design:

Console Book Shelves
Il suo Console Book Shelves è un mobile dalle linee originali e dai colori fluo accesi che creano un gioco di contrasti pop di grande impatto scenico; inoltre, sarà possibile rilassarsi ed immergersi nella lettura dei propri libri preferiti adagiandosi comodamente proprio su di essi!




Equchair



Decay Shelves




Accessories

Fan Clock



Elegante come un ventaglio, animato dalle sottili e impalpabili dita del tempo, è il motivo decorativo che contraddistingue l’orologio da parete Fan clock.



Batmirror

Eroteme




Lighting



Bomb Lamp


Wellington Lamp

Gateau Lamp
        Fonte: http://www.designbuzz.it/2009/07/13/i-como-con-le-curve-di-stanislav-katz/                   

lunedì 6 dicembre 2010

Pescecappa e Pescetrullo

Pescecappa, design Gaetano Pesce per Elica


Pescecappa è un prototipo di cappa aspirante ideato dall’architetto e designer Gaetano Pesce e realizzato da Elica, azienda leader mondiale nella produzione di cappe da cucina, per Pescetrullo, inconsueta e innovativa abitazione realizzata da Caterina Tognon nella campagna pugliese, su progetto dello stesso Gaetano Pesce.

Noto per la sua capacità di operare trasversalmente nei campi dell’architettura, delle arti visive e del design, Gaetano Pesce rivisita un elettrodomestico protagonista nella cucina contemporanea, partendo dal suo predecessore: la cappa del camino. “Un magico cappello di umori odorosi, di un passato freschissimo di memorie”, un oggetto sospeso fra tradizione e memoria storica, divenuto nel tempo strumento tecnologico indispensabile nelle nostre case.


Gaetano Pesce rende protagonisti nel suo Pescecappa i prodotti della Terra, verdure, frutta, legumi: “gli ingredienti che siamo soliti utilizzare per preparare il nostro cibo” che conservano odori e sapori semplici ma antichi, simboli di una filosofia di vita salutare e rispettosa dell’ambiente. 


  
In un momento economicamente e socialmente difficile, che opprime la fantasia e non favorisce i sogni, Pesce interpreta un oggetto industriale di uso comune caricandolo di significati nuovi e inaspettati, donandogli freschezza e leggerezza al fine di trasmettere sentimenti positivi di gioia, calore, ironia e ottimismo. 












Pescecappa e Pescetrullo testimoniano la posizione di Gaetano Pesce nel dibattito che riguarda il design e l’architettura contemporanei, la netta presa di distanza dalle geometrie astratte e razionali sostituite con forme ironiche e sensuali: “Come mi vado sempre più convincendo, la figura, l'immagine riconoscibile è la forma che gli oggetti del nostro quotidiano amano vestire". Un desiderio di ritorno alla figurazione e alla narrazione che in questi anni non interessa solo il design e l’architettura ma anche l’ambito parallelo delle arti visive.
Sperimentando materiali innovativi, l’artista propone una nuova immagine della cappa aspirante, vista come: “Un elemento di diversità nello spazio della cucina, un punto di colore un po' scapigliato e luminoso, una presenza che a guardarla ci provoca il sorriso”.

 
                         Altre varianti di colore


La stessa filosofia caratterizza le architetture del Pescetrullo realizzate in poliuretano espanso, applicato a spruzzo su una cassaforma in legno che prende il posto del tradizionale muro di mattoni o di pietra. Gaetano Pesce si concentra sull’applicazione di questo nuovo materiale, da lui stesso definito “della modernità”.



Il poliuretano è per la prima volta usato in un’architettura reale, non padiglioni temporanei ma case da abitare, con tutte le problematiche annesse a una buona funzionalità nel tempo. La coppia di piccole architetture sembrano piuttosto oggetti di design cambiati di scala: appaiono come “scatole viventi”, seguendo l’esigenza di Pesce di dare loro sembianze velatamente umane, trasformandoli in personaggi di una narrazione.



I due volumi posti tra gli ulivi di Carovigno, nella Puglia profonda che si allunga nel Mediterraneo, assumono le sembianze di un uomo e di una donna. Sono case ritratto dei committenti, due grandi facce, piene di espressività e ironia. La scelta dei colori è semplice: azzurro lui e rosa lei.

domenica 5 dicembre 2010

Il cielo sopra Berlino

"Quando il bambino era bambino, era l’epoca di queste domande:
perché io sono io, e perché non sei tu?
perché sono qui, e perché non sono lì?
quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?
la vita sotto il sole è forse solo un sogno?
non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo
quello che vedo, sento e odoro?
c’è veramente il male e gente veramente cattiva?
come può essere che io, che sono io,
non c’ero prima di diventare,
e che, una volta, io, che sono io,
non sarò più quello che sono?"



Il cielo sopra Berlino (Der Himmel über Berlin) è un film del 1987 diretto da Wim Wenders. Il film è ambientato nella Berlino degli anni ottanta prima della fine della Guerra fredda. Due angeli chiamati Damiel (Bruno Ganz) e Cassiel (Otto Sander) vagano nella città come entità invisibili e impercepibili dalla popolazione ed in questa condizione osservano i berlinesi ed ascoltano i pensieri dei passanti. Il loro motivo di vita è quello di vedere, memorizzare e preservare la realtà. Il film non è solo la storia di due angeli ma più in generale è una riflessione sul passato, presente e futuro di Berlino.

La fotografia del film venne seguita da Henri Alekan, il quale utilizzò il colore per le scene con il punto di vista umano e una tinta monocromatica per le scene con il punto di vista degli angeli. L'utilizzo del monocromatico serve per rendere evidente la condizione degli angeli, esseri che possono sentire i pensieri più reconditi degli uomini, ma allo stesso tempo limitati da non poter vedere i colori, sentire i sapori e tutte le sensazioni che un essere umano apprezza quotidianamente.





Curt Bois e Otto Sander in una scena di IL CIELO SOPRA BERLINO



Curt Bois in una scena di IL CIELO SOPRA BERLINO

"Sì è magnifico vivere di solo spirito, e giorno dopo giorno testimoniare alla gente, per l'eternità, soltanto ciò che è spirituale. Ma a volte la mia eterna esistenza spirituale mi pesa. E allora non vorrei più fluttuare così, in eterno: vorrei sentire un peso dentro di me, che mi levi questa infinitezza legandomi in qualche modo alla terra, a ogni passo, a ogni colpo di vento. Vorrei poter dire: "ora", "ora", e "ora". E non più "da sempre", "in eterno".

venerdì 3 dicembre 2010

Wim Wenders e la fotografia



Ecco.
Ogni secondo in qualche parte del mondo qualcuno fa uno scatto e fissa qualcosa, perché lui, o lei, sono affascinati da:
una certa luce,
da un volto,
da un gesto,
da un panorama,
o da un’atmosfera,
o più semplicemente perché una situazione doveva essere fissata.

Ciò che straordinario in ogni fotografia non è tanto il fatto che là, secondo opinione corrente, sarebbe stato “fissato il tempo”, bensì il contrario che proprio in ogni foto esso torna a dar prova di quanto sia inarrestabile e continuo.
Ogni foto è una rievocazione della nostra mortalità.
Ogni foto tratta della vita e della morte.
Ogni foto ha una sacralità.
Ogni foto è più dello sguardo di un uomo, è superiore alle capacità del suo stesso fotografo.
Ogni foto è anche un aspetto della creazione al di fuori del tempo, da una visione divina.

Di fatto il fotografare (o meglio il poter fotografare) è “troppo bello” per essere vero. Ma è anche altrettanto "troppo vero" per essere bello.
Fotografare insegna l’intemperanza o l’umiltà. (Dietro alle foto veramente “buone”, però, si scorge sempre l’occhio umile).
Attraverso il mirino colui che fotografa può uscire da sé ed essere dall’altra parte, al mondo, può meglio comprendere, vedere meglio, sentire meglio, amare di più.

Wim Wenders


"The Valley Of The Winds", Northern Territory


"Lizard Rock", South Australia

At The Horizon: The Rocky Mountains, Montana


Beetle Cemetery, Coober Pedy, West Australia

Immagini: http://www.wim-wenders.com/news_reel/2002/pftsote1.htm

giovedì 2 dicembre 2010

NEGATIVI - POSITIVI: quando il contrasto tra la figura e il fondo si annulla

Le pitture negative-positive sono tra le opere più famose di Bruno Munari, proviamo a descrivere questa ricerca nei suoi aspetti formali, estetici e didattici.
Con i negativi-positivi ogni forma della pittura astratta, ogni parte della composizione, sta in primo piano o sullo sfondo a seconda della lettura di chi guarda.
Sono degli oggetti concreti, simili a pitture perché dipinti su una superficie piana ma non sono pitture nel senso tradizionale perché non hanno nessuno degli elementi che componevano la vecchia pittura. Questi oggetti a superficie piana dipinta si chiamano negativi-positivi perché ognuna delle parti che li compongono è autonoma, come i pezzi che compongono un motore; non esiste una parte che fa da fondo alle altre ma tutte insieme compongono l'oggetto.






...nel disegno tradizionale la linea è un contorno di una figura (la forma del fondo non è considerata)
[Bruno Munari, appunti]


























        CONTORNO la linea disegna solo verso l'interno
        CONFINE SPAZI EQUIVALENTI la linea disegna

        dai due lati
        [Bruno Munari, appunti]

 


"la linea è un confine tra due forme equivalenti
la figura e il fondo si equivalgono
A e B assieme in un quadrato o anche isolate
L'effetto che ne risulta fa sì che ogni forma che compone l'opera sembra che si sposti, che avanzi o che vada indietro nello spazio ottico percettivo dello spettatore, creando una dinamica cromatica, una instabilità ottica secondo come lo spettatore prende in considerazione ogni forma.
"
[Bruno Munari, tratto da I negativi positivi, Corraini, Mantova 1986]



                                    

                  
                   



passaggio a nord-ovest? 1995
negativo-positivo nell'ambiente, altezza 3 metri, collocato nel Parco della scultura in architettura di San Donà del Piave.

Un passaggio che prima non c'era. Un passaggio che non ha funzione pratica, ma una importante funzione psicologica. Passa solo una persona alla volta. Passa da una realtà quotidiana a una realtà fantastica, dove la logica non ha senso. Per la prima volta si attraversa un'opera d'arte. Dall'altra parte si trova una natura in parte inventata. C'è un viale di alberi disposto con la prospettiva capovolta. Non c'è il lupo. In questa zona si può fantasticare, c'è qualcosa di diverso. Si può essere stimolati a fare progetti artisti dentro di sé. L'arte appare quando uno non sa quello che fa.
[Bruno Munari]



Munari realizza anche un negativo-positivo a 3 dimensioni, dove un foglio di lamiera quadrata viene tagliata e piegata creando un volume-scultura in cui i pieni ed i vuoti creano forme negative-positive.   


Munari realizza negativi-positivi con motore, in questo caso le forme in movimento generano un rapporto dinamico, temporale, tra le figure e il fondo.
















Uno dei primi negativi-positivi viene esposto a Parigi  nel 1951 ma la prima mostra viene allestita alla Galleria Bergamini di Milano nel marzo del 1952 (nella foto, sulla parete della Galleria Bergamini il negativo-positivo giallo-rosso oggi nella collezione IntesaSanpaolo).
















Fonte: http://www.munart.org/index.php%20p=11